I modelli organizzativi delle aziende sanitarie

I modelli organizzativi delle aziende sanitarie rappresentano le molteplici forme che le relazioni tra strutture, procedure e personale possono assumere per permettere il funzionamento di ospedali, cliniche e strutture sanitarie.
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I modelli organizzativi delle aziende sanitarie rappresentano le molteplici forme che le relazioni tra strutture, procedure e personale possono assumere per permettere il funzionamento di ospedali, cliniche e strutture sanitarie. In generale, un modello organizzativo è lo scheletro su cui si articolano le funzioni dell’azienda, sia essa sanitaria o di produzione di cacciaviti.

Adottare il modello organizzativo più adatto al contesto di riferimento è cruciale, soprattutto nel settore sanitario, in cui le risorse spesso sono contingentate rispetto ai bisogni, per impattare sull’efficienza, sulla qualità delle cure e sulla sicurezza dei pazienti.

Le caratteristiche dei modelli organizzativi delle aziende sanitarie

I modelli organizzativi sono l’insieme delle strutture e dei processi che le aziende e le organizzazioni adottano per gestire e coordinare le proprie attività, risorse e persone in modo efficace. I modelli possono essere impliciti, quando sono emergenti senza che qualcuno li abbia volontariamente costituiti, o espliciti, quando invece sono previsti come manifesto strumento di gestione. La previsione dei modelli organizzativi delle aziende sanitarie si ritrova in documenti come l’Atto Aziendale, i protocolli interni organizzativi o le norme di legge (si veda al riguardo il Decreto Ministeriale 77/2022 sui modelli per l’assistenza territoriale).

Di per sé, la struttura organizzativa di una ASL (azienda sanitaria locale) è essa stessa un modello organizzativo in quanto identifica una struttura formata da più parti volte ad ottenere un obiettivo comune. Infatti, l’organizzazione aziendale sanitaria e l’organizzazione aziendale ospedaliera rappresentano modelli organizzativi macro all’interno dei quali si sviluppano ulteriori modelli organizzativi più piccoli che sono caratterizzati da più flessibilità organizzativa ed operativa. Queste micro unità funzionali sono più dinamiche e permettono alle aziende sanitarie ed ospedaliere di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente e del contesto esterno come nel caso di mutamenti demografici, introduzioni tecnologiche o eventi emergenziali (come nel caso di pandemie).

Gli obiettivi dei modelli organizzativi delle aziende sanitarie

L’obiettivo dei modelli organizzativi delle aziende sanitarie è quello, ottimizzando l’efficienza operativa, di permettere il raggiungimento degli obiettivi strategici delle aziende impattando direttamente sugli outcome di salute.

Le configurazioni di attributi organizzativi che costituiscono i modelli delle aziende sanitarie, ricercando l’efficienza e la funzionalità delle risorse operative, propongono ordine nella trasmissione dei flussi informativi, la collaborazione tra gruppi e strutture aziendali e supportano la motivazione creando ambienti lavorativi dove le persone sanno esattamente qual è il loro ruolo e come contribuire agli obiettivi comuni. I modelli organizzativi definiscono quindi le gerarchie, i ruoli, le responsabilità e i flussi di comunicazione tra le varie funzioni e i membri di un’organizzazione.

I modelli, rappresentando la forma con cui le risorse vengono messe in campo per soddisfare un bisogno, sono le configurazioni con cui nel contesto di appartenenza si organizzano e si mettono in relazioni le risorse a disposizione per rispondere ad un obiettivo. L’unità minima dei modelli organizzativi sanitari è costituita dalla risorsa principale di queste strutture: la componente professionale. Come le risorse vengono distribuite, formate e responsabilizzate con compiti ed attività fa emergere il modello di riferimento che ne permette la pratica nella realtà.

Accanto alla qualità e alla sicurezza delle cure, l’altro obiettivo dei modelli organizzativi in sanità è la soddisfazione lavorativa dei professionisti sanitari che danno vita ai modelli. Infatti, i professionisti sanitari, come unità minima dei modelli sono imprescindibili per il corretto ed efficiente funzionamento delle aziende sanitarie ed organizzative. L’insoddisfazione della componente umana nelle organizzazioni può incorrere in fenomeni indesiderati come la fuori uscita di personale o la poca attrazione verso la struttura che sfociano nella carenza di personale che in ultima istanza non consente l’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie.

Anche se l’erogazione dell’assistenza coinvolge in ogni caso diverse tipologie di professionisti, è ampiamente riconosciuto che alcuni esiti di salute riflettono specificamente le differenze nelle caratteristiche strutturali e nei processi che definiscono l’organizzazione del modello organizzativo. Tale misura, ad esempio nel caso dei modelli di erogazione dell’assistenza domiciliare, è correlata agli indici di skill-mix.

Lo skill-mix è la combinazione delle competenze professionali, incarnate dai vari professionisti abilitati, per sostenere l’erogazione di una funzione (o singola prestazione) sanitaria. I modelli classici di erogazione sanitaria utilizzati negli ultimi decenni per descrivere le modalità di erogazione delle cure sono infatti stati definiti principalmente come sistemi di allocazione o sistemi di assegnazione del personale. Spesso lo skill-mix viene indicato nei documenti tecnici in forma di rapporti numerici che permettono di standardizzare le risorse necessarie per assicurare la qualità alle cure. L’esempio di skill-mix più noto è quello rappresentato dal rapporto di numero di infermieri per medico che nei vari modelli organizzativi varia in base a parametri con l’intensità delle cure o il setting di erogazione.

Una migliore comprensione della configurazione dei fattori che definiscono l’organizzazione dei servizi sanitari e della pratica è una base potenzialmente utile per comprendere meglio il contributo di ogni profilo professionale nei risultati dei servizi sanitari. La conoscenza e la consapevolezza di quanti professionisti e con quali profili sono necessari a realizzare un dato modello organizzativo utile a raggiungere standard di cura prefissati è strumento essenziale di programmazione sanitaria per formare e reperire le risorse umane che danno vita ai modelli organizzativi. Questi fattori sono aspetti integrali della pratica professionale che devono essere presi in considerazione se vogliamo comprendere appieno la struttura organizzativa del lavoro sanitario, rendere conto dei processi che producono i risultati per i pazienti e identificare i fattori che influenzano tali processi e di conseguenza l’efficacia dei diversi modelli organizzativi.

Infatti, se la previsione teorica di un modello organizzativo, come ad esempio quello delle Case di Comunità, si basa sul concetto di prossimità territoriale delle cure, questa struttura deve essere realizzata tramite la pianificazione delle risorse previste tramite i dovuti atti normativi che la disegnano in modo ideale. Il raggiungimento delle condizioni, e quindi il reperimento delle risorse e l’attivazione dei processi per la sua realizzazione sarà invece compito della programmazione locale. Ancora più precisamente, l’erogazione reale delle cure secondo il modello previsto dalla norma sarà frutto della contestuale capacità organizzativa propria delle aziende sanitarie e delle aziende ospedaliere.  

I tipi di modelli organizzativi delle aziende sanitarie

La struttura teorica di un modello organizzativo può essere compresa alla luce delle caratteristiche principali per cui il modello è stato teorizzato come, ad esempio, lo skill mix o gli obiettivi. Ne emergeranno modelli diversi caratterizzati da più o meno innovazione, più o meno costi, più o meno flessibilità, più o meno efficienza clinica. Il modello migliore risulterà essere perciò quello che secondo una valutazione di HTA (come nel caso di un farmaco o di un dispositivo medico) incarna il miglior rapporto costo-beneficio nel contesto di riferimento.

Esistono diversi tipi di modelli organizzativi, e ciascuno è caratterizzato da approcci specifici alla distribuzione del potere decisionale, all’assegnazione delle risorse e alla gestione dei processi. Tali modelli possono quindi svilupparsi in modo orizzontale tra funzioni organizzative – in staff – o in modo verticale tra funzioni – in line. Spesso la complessità dei modelli organizzativi emerge dalla combinazione di funzioni in staff ed in line in modelli misti.

In sanità, le funzioni in line sono generalmente quelle direttamente coinvolte nell'erogazione dei servizi sanitari - come medici, infermieri, fisioterapisti e tutto il personale sanitario - con responsabilità decisionale diretta in funzione di competenze specifiche. Gli elementi in line sono responsabili del raggiungimento degli obiettivi operativi dell'organizzazione. Le funzioni in staff, invece, si riferiscono al supporto operativo che fornisce consulenza grazie alle strutture come gli uffici amministrativi, il personale delle risorse umane o i consulenti clinici che non hanno una responsabilità diretta in quanto le funzioni in staff rispondono gerarchicamente alle funzioni in line, che possono accettare o meno i consigli forniti. Entrambe collaborano per garantire efficienza e qualità del servizio.

Ecco i principali modelli riconosciuti dalla letteratura scientifica:

1. Modello Gerarchico

È una struttura piramidale, dove il potere decisionale è centralizzato ai livelli più alti e si dirama verso il basso attraverso livelli successivi di management. Questo modello si adatta ad aziende con un numero elevato di dipendenti e dove il controllo centralizzato è essenziale, come in molte grandi aziende tradizionali. Anche nelle organizzazioni sanitarie, in cui vige la burocrazia professionale, è necessaria per il funzionamento una gerarchia strutturale.

2. Modello Funzionale

In questo modello, i dipendenti sono organizzati per funzione o reparto, come vendite, marketing, produzione, finanza, ecc. Ogni funzione ha il proprio leader e lavora come una divisione specializzata. Questo modello è comune nelle organizzazioni più grandi, dove l’efficienza e l’esperienza specializzata sono essenziali. In sanità l’organizzazione funzionale per antonomasia è quella rappresentata dai reparti, detti anche Dipartimenti o Strutture – semplici o complesse, che raggruppano professionisti omogenei per competenza (ad esempio si veda il reparto di pediatria o il reparto di riabilitazione). Ogni reparto è gestito dal “primario”, tecnicamente detto Direttore di Struttura con competenze manageriali.

3. Modello a Matrice

Combina la struttura gerarchica con quella funzionale, dando vita a un sistema dove i dipendenti hanno due capi: uno funzionale (per esempio, il responsabile vendite) e uno per progetto o area. È un modello flessibile, utilizzato principalmente in aziende con progetti complessi o dove è richiesta una maggiore collaborazione tra funzioni. Nel caso sanitario, gli anestesisti rispondono generalmente ad un modello a matrice in quanto possono essere diretti da un primario di anestesia, ma operando in sale in capo ad altre specialità, come l’ortopedia o la ginecologia, essere funzionalmente connessi anche ad atre strutture.

4. Modello Divisionale

Le organizzazioni divisionali sono suddivise in base a prodotti, mercati o aree geografiche, con ogni divisione che funziona in modo quasi autonomo. Ogni divisione ha risorse e funzioni proprie, consentendo un alto grado di personalizzazione e di risposte rapide ai bisogni specifici del mercato. In sanità questo può essere il caso per esempio dei fisioterapisti che, come consulenti con specializzazioni specifiche come quella respiratoria, muscolo scheletrica, neurologica o cardiologica, prestano le loro attività in reparti diversi da quello a cui afferiscono.

5. Modello a Rete o Network

È una struttura organizzativa più fluida e decentralizzata. L’organizzazione mantiene il controllo centrale su alcune attività, ma delega funzioni non essenziali a partner o collaboratori esterni. Questo modello si adatta particolarmente alle organizzazioni flessibili, come le startup o le imprese tecnologiche. In ambito sanitario questo modello è quello adottato tra strutture ospedaliere centrali – hub – e quelle periferiche che vi gravitano attorno, le strutture spoke.

6. Modello Agile

Basato sui principi dell’agilità, questo modello privilegia team piccoli, auto-organizzati e altamente collaborativi. Adatto a contesti dove la rapidità di risposta e l’innovazione sono cruciali, l’approccio agile si focalizza su iterazioni rapide e su un continuo adattamento alle esigenze del mercato. Il modello agile è quello tipico delle unità di emergenza, siano essere collocate a bordo di un’ambulanza o nel pronto intervento ospedaliero.

7. Modello Ibrido

Anche se la letteratura scientifica descrive molteplici modelli organizzativi riconosciuti, nella realtà esistono tanti modelli quante sono le realtà organizzative in oggetto. Infatti, non esiste né il modello ideale, né il modello giusto. Nella realtà si trovano invece modelli che sono ibridazioni degli schemi teorizzati e che sono stati declinati nella realtà contestuale di riferimento. In questo senso, il modello migliore è quello che risponde alle esigenze di un dato momento in un dato contesto.

I modelli organizzativi possono infatti essere visti come “entità viventi” che mutano al mutare dei bisogni esterni e del crescere degli elementi esterni di conoscenza e di tecnologia. A volte perché un modello nuovo possa essere implementato per fronteggiare le sfide della quotidianità è necessario smantellare i precedenti cardini su cui si regge l’intera organizzazione. Per farlo dal punto di vista teorico, lo psicologo sociale tedesco Lewin ha proposto un modello in tre passaggi che ben rappresenta la necessità di abbattere la forma presente per ricostruire quella volta all’interno di un processo di cambiamento organizzativo (figura 1).

Figura 1. Rappresentazione schematica degli step principali del processo di cambiamento organizzativo secondo Lewin.

Il cambiamento organizzativo: sfide e criticità nell’implementazione dei nuovi modelli organizzativi sanitari

I modelli organizzativi devono essere intesi come delle entità viventi che nel tempo cambiano in quanto soggetti a pressioni contestuali e alla progressione dell’innovazione. Si commette un errore e si creano inefficienza ed inefficacia se si affrontano problemi nuovi con strumenti – modelli organizzativi – vecchi. Per questo, i modelli organizzativi sono influenzati dal cambiamento demografico, culturale e tecnologico.

Le resistenze al cambiamento, che sono variabili eterogenee a diversi livelli – macro, meso e micro – possono provenire dall’interno o dall’esterno dell’organizzazione e necessitano di adeguate strategie per essere gestite. Per fronteggiare le resistenze al cambiamento dei modelli organizzativi è opportuno assicurare la capacità di adattamento delle strutture attraverso strumenti che garantiscano la flessibilità (come avvenuto ad esempio durante la pandemia da Covid-19); investire sulle risorse umane (la cui scarsa attrattività crea un problema strutturale per le organizzazioni sanitarie) attraverso la formazione continua, sia clinica che organizzativa, ma anche attraverso strumenti di benessere organizzativo; infine è necessario dotarsi dei megliori strumenti tecnologici ed informativi per impattare a 360° sulla qualità delle cure erogate.    

La digitalizzazione e le innovazioni tecnologiche stanno sempre più influenzando i modelli organizzativi in sanità. Si pensi in tal senso alla telemedicina e alla teleriabilitazione che possono essere considerati a tutti gli effetti nuovi modelli organizzativi di erogazione delle cure che mettono in campo nuove combinazioni di competenze, professionalità e strumenti.

Ancora poco attenzionati sono invece i modelli organizzativi “green” che richiamano a modalità di erogazione delle cure che mettendo assicurando efficienza, efficacia e qualità delle cure al paziente  contemporaneamente guardano alla sostenibilità ambientale, in un approccio One Health.

Infine, tra i nuovi modelli organizzativi si ritrovano anche quelli orientati alla sostenibilità dei sistemi sanitari attraverso la collaborazione tra il pubblico ed il privato (si veda al riguardo il tema dei partenariati pubblico-privato in sanità). Strutturare modelli di condivisione di mezzi o processi produttivi tra pubblico e privato permette di ottimizzare la scarsità di risorse che caratterizzano la sanità d’oggi.

Lo studio delle Best Practices – le realtà che performano meglio e che rispetto alle altre emergono per competenza e reputazione – sono il riferimento ideale a cui tendere e da cui imparare per adottare modelli organizzativi adeguati ai bisogni e alle risorse della sanità.

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