La carenza di personale sanitario è uno dei temi maggiormente attenzionati nella narrazione pubblica odierna. La carenza di medici e la carenza di infermieri è un problema che permea il funzionamento dei sistemi sanitari a cui i cittadini si rivolgono in caso di bisogni di salute. Le risorse umane, sono infatti il caposaldo delle organizzazioni sanitarie, tanto da essere spesso indicate come “capitale umano“. Tra le funzioni principali del management sanitario spicca quella della gestione delle risorse umane.
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Lo scenario attuale
Per garantire i servizi sanitari e per assicurare ai pazienti la qualità delle cure ricevute, è fondamentale essere provvisti delle risorse necessarie per erogare le prestazioni, prima tra tutte, le risorse umane. Il capitale umano rappresentato da medici, infermieri, fisioterapisti, operatori socio-sanitari e da tutti i professionsiti sanitari, ma anche dal personale amministrativo di supporto tecnico alle organizzazioni sanitarie è il capo saldo su cui si basano le cure. Senza le donne e gli uomini che con le loro diverse competenze specialistiche si curano dei pazienti la sanità non esisterebbe.
Nello scenario attuale, la sanità sta vivendo una crisi legata alla carenza di personale sanitario dovuta a diverse problematiche. Il problema è trasversale a tutti i settori, pubblico e privato, e a tutti i contesti di cura, ospedaliero e territoriale, ma affligge soprattutto le organizzazioni pubbliche e qulle situate in zone rurali o disagiate (le strutture socio-sanitarie private accreditate sono quelle che negli ultimi anni sono più in sofferenza).
Il fenomeno, noto internazionalmente, è spesso conosciuto come problema dello “shortage” (in italiano “carenza”) di personale ed è studiato dalle principali organizzazioni di policy sanitaria ed economica come l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e l’OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che periodicamente producono report in materia. Esempi sono i rapporti “Health and care Workforce” e “Health at a Glance”.
La carenza di medici
Il numero medio dei medici italiani per abitanti è leggermente superiore alla media Europa. Una delle lamentele ricorrenti dei medici è l’eccesso di attività burocratico-amministrativa che limita il loro tempo di interazione con i pazienti.
A causa degli stipendi non commisurati al costo della vita nel Paese, i medici stranieri sono scarsamente attratti dal contesto italiano e raramente vi si inseriscono. Per questo non possono essere visti come una risorse su cui investire per far fronte alla carenza di personale.
In seguito alle politiche legate alla formazione universitaria, negli ultimi anni, il numero di medici sta aumentando, ma l’eccesso di borse di specializzazione rispetto ai numeri dei laureati sta polarizzando la selezione delle specializzazioni verso quelle più attrattive (come dermatologia, chirurgia plastica e ricostruttiva) a discapito di ambiti considerati meno interessanti (come medicina d’urgenza o medicina generale) che soffrono di una crescente una carenza.
La carenza di infermieri
Il numero medio di infermieri italiani per abitanti è nettamente inferiore alla media Europa. Questi professionisti, altamente competenti e formati in Italia, trovano spesso migliori condizioni di lavoro e remunerazione (in media maggiore del 20%) all’estero per cui sono soggetti ad importanti fenomeni di migrazione.
Si noti che l’incapacità dei corsi di laurea di infermieristica di attrarre i giovani, si è acuita dal concomitante aumento del numero di posti messi a disposizione per la formazione medica, che evidentemente attinge dallo stesso bacino di giovani interessati all’attività sanitaria. Ciò ha creato una concorrenza interna alla sanità che non rispecchia i bisogni sanitari del Paese ed anzi ha costi eccessivi.
Ragionamenti simili a quelli richiamati per la carenza di infermieri possono essere applicati per la categoria degli operatori socio-sanitari, spesso noti come OSS, che sono un pilastro fondamentale su cui si regge il sistema assistenzialistico.
La carenza di personale sanitario
L’Italia, rispetto agli altri Paesi europei si caratterizza per un’elevata specializzazione professionale di diferse figure sanitarie che da una parte elevano la qualità delle prestazioni erogate, ma dall’altra si tramuta a volte in eccesso di frammentazione del percorso di cura per difficoltà a gestire le interazioni tra i molteplici attori coinvolti.
Fisioterapisti e logopedisti, sono tra le professioni sanitarie che ad oggi godono ancora di elevata attrattività tra i giovani che vedono in queste professioni maggiore flessibilità d’impiego, vantaggio nell’investimento costo-opportunità e, seppur molto limitata, possibilità di crescita professionale. L’alta attrattività di queste professioni permette anche di assicurare maggiore qualità rispetto ad altre famiglie professionali grazie alla possibilità di selezionare i giovani con competenze iniziali più alte.
Le cause
Tra le principali cause riconosciute dalla letteratura che concorrono alla carenza di personale sanitario si possono classificare quelle strutturali e quelle sociali.
Tra le cause strutturali troviamo quelle che caratterizzano i fenomeni ricorrenti in tutti i settori d’impiego per le cause di cambiamento demografico. Nell’ambito sanitario le difficoltà sono legate al progressivo invecchiamento dei sanitari che con il crescere dell’età diventano, seppur a fronte di più esperienza, meno performanti per questioni fisiologiche. Inoltre, altra causa di preoccupazione, particolarmente rilevante per il settore pubblico, è legata alla stratificazione demografica dei sanitari. Nel contingente professionale del Sistema Sanitario Nazionale c’è una distribuzione non omogenea di personale per fasce d’età caratterizzata da delle “gobbe” demografiche che faranno venire, a valle del pensionamento del personale presente in una di queste gobbe, una netta carenza difficilmente sostenibile senza manovre correttive straordinarie.
Tra le cause sociali si parla di una generale diminuzione dell’attrattività (in inglese identificato nel problema della attraction) verso le professioni di cura e di un’incapacità del sistema, in particolare quello pubblico, di trattenere (in inglese identificato nel problema della retention) le risorse umane già inserite nel contesto sanitario.
- La diminuzione dell’attrattività viene ricondotta da una parte allo scarso riconoscimento economico e dall’altra al diminuito valore sociale percepito del ruolo dei sanitari. La diminuzione dell’attrattività delle professioni di cura tra i giovani, cui consegue l’incapacità di rinnovare i contingenti professionali con risorse nuove e fresche che supportano il personale più anziano, con il passare degli anni porta inevitabilmente alla riduzione della produttività dei sistemi sanitari.
- Tra le cause di scarsa retention del sistema sanitario, che si esplicano nelle dimissioni inattese non per età pensionabile, troviamo invece all’aumento di disagi lavoro-correlati come borbout per eccesso di responsabilità e di carico di lavoro. Quest’ultimo problema legato alla fuoriuscita delle risorse umane già immesse nel sistema, e quindi di professionisti già integrati nel tessuto organizzativo, è spesso legato a stili di leadership poco supportivi e a climi organizzativi malsani. Questo sono caraterizzati da bassa valorizzazione delle competenze, scarsa flessibilità per la conciliazione con la vita personale, limitata possibilità di crescita professionale e generale resistenza all’innovazione. Le dimissioni inattese a favore di fenomeni di emigrazione verso realtà esterne porta alla duplice conseguenza negativa della riduzione della qualità delle cure e allo scarso ritorno sociale dall’investimento in formazione precedentemente promosso.
Contribuiscono inoltre a definire la carenza di personale sanitario, che complessivamente in tutta Europa è aumentata negli ultimi decenni per l’incremento della richiesta di prestazioni sanitarie, legata:
- all’aumento dei bisogni della popolazione che sempre più invecchia e sviluppa patologie croniche;
- l’innovazione tecnologica che offre maggiori opportunità di trattamento e aumenta le aspettative dei pazienti rispetto alle cure sanitarie.
Le soluzioni
La Regione Veneto, grazie al lavoro pionieristico della Direzione Risorse umane del SSR, ha recentemente promosso con la Delibera della Regione Veneto n. 960/2024, un piano strategico di azioni da mettere in campo per risolvere il problema di shortage di personale sanitario. Il piano prevede molteplici azioni, a partire dall’istituzione di un gruppo di lavoro dedicato al coordinamento e allo studio del problema, fino alla sensibilizzazione rispetto al tema della carenza di personale sanitario.
Inoltre, come evidenziato, il problema della carenza di personale sanitario è multifattoriale e si inserisce in un sistema complesso. Per questo, è opportuno proporre di percorrere molteplici azioni lungo una programmazione orientata a garantire la sostenibilità del sistema nel breve, nel medio e nel lungo termine.
BREVE | MEDIO | LUNGO | |
ATTRATTIVITÀ | Campagne di comunicazione | Implementazione di nuovi sistemi di progressione di carriera | Implementazione di nuove previsioni di task shifting tra professioni sanitari |
TRATTENIMENTO E PRODUTTIVITÀ | Prevenzione del bornout e del disagio lavoro-correlato | Implementazione di stili di leadership supportivi | Previsione di modelli organizzativi con chi cura al centro |
NUOVI MODELLI ORGANIZZATIVI | Sensibilizzazione culturale manageriale rispetto alla necessità di nuovi modelli (anche territoriali) e loro previsione normativa verso migliori skill mix e task shifting | Raccolta di evidenze scientifiche a supporto dell’efficacia, efficienza, sicurezza ed economicità dei nuovi modelli di famiglia e communità | Reale integrazione dei nuovi modelli organizzativi previsti e loro ottimizzazione grazie alle innovazioni tecnologiche |
RUOLO DEL MANAGEMENT | Creazione di una cultura manageriale nelle aziende sanitarie | Promozione delle figure degli hybrid managers in sanità | Istituzione di dipartimenti veri e propri di HR in sanità |
Attrattività
Il problema dell’attrattività vede due filoni di soluzioni da perseguire. Il primo fa riferimento alla necessità di rilanciare il valore sociale ed economico di un sistema sanitario (a trazione pubblica, ma con il necessario e legittimo supporto di quello privato) performante , il secondo si riferisce alla prioritizzazione politica della sanità come valore e volano di sviluppo della società intera.
Azioni concrete per il rilancio sono da ricondursi a sforzi per:
- la comunicazione del valore sociale della sanità tramite campagne di comunicazione verso i giovani che devono intraprendere una scelta professionale e verso le famiglie che li devono sostenere;
- il riconoscimento economico delle competenze specialistiche sviluppate dal personale sanitario e frutto di precedenti investimenti economici, nonchè di sacrifici personali. Poichè il sistema sanitario è notoriamente sempre più definanziato e le risorse scarseggiano anche per il mantenimento del sistema corrente, incentivi percorribili sono da ricercarsi in innovative politiche di welfar realizzabili in virtù della grandezza e solidità delle aziende sanitarie sul modello di quelle promosse dalle organizzazioni private. Similmente, è importante prevedere un sistema di progressione di carriera tramite incarichi di funzione e di dirigenza che oltre a supportare la qualità della sanità, incentivi nel lungo termine la crescita dei professionisti sanitari. Anche questa azione, per via di vincoli finanziari potrebbe rimanere incompiuta, ma il management ha un ruolo importante nel prevedere fattività di tale strumento d’incentivazione attraverso premialità connesse al livello di responsabilità, di supporto nella formazione e nel prestigio professionale.
Tra i problemi di attrattività si noti come alcune discipline sanitarie sono intrinsecamente considerate meno interessanti di altre proprio per il prestigio e il riconoscimento economico associato. Ad esempio, i medici di medicina generale o medici di famiglia (così come i pediatri di libera scelta o pediatri di famiglia), ultimi baluardi del sistema sanitario nel territorio e nelle aree più remote, rappresentano una risorse essenziale che la programmazione sanitaria deve garantire a fronte di specializzazioni mediche più attrattive come altre già citate sopra. Lo stesso, numeri alla mano, è evidente tra le professioni sanitarie non mediche che inoltre soffrono anche di una reputazione sociale tendenzialmente minore delle prime.
Quest’ultimo obiettivo potrebbe essere raggiunto prevedendo una redistribuzione delle competenze specialistiche tramite il task shifting, termine traducibile in italiano con il concetto di redistribuzione razionale dei compiti e delle responsabilità tra differenti professioni sanitarie, che si riperquota in un allineamento temporale dei corsi di formazione universitaria in virtù di quelli che sono i bisogni della popolazione a cui tali professioni si devono allineare.
Trattenimento e produttività
Come detto, il problema del trattenimento del personale sanitario è strettamente legato a quello di mantenimento dei livelli della produttività a cui contribuisce anche l’invecchiamento del personale immesso ad oggi nel sistema sanitario. Per farvi fronte, è importante prevedere stili di leadership supportivi promossi da professionisti con adeguate competenze manageriali. Stili positivi contribuiscono alla creazione di un clima organizzativo che facilita il lavoro dei professionisti sanitari e “si cura di chi cura” mitigando i disagi corralti alla pratica clinica già di per sè soggetta a farti pressioni emotive.
Il fenomeno delle dimissioni inattese verso realtà più appetibili – all’estero o nel settore privato – deve essere scongiurato in ogni sua forma prima che si instaurino i meccanismi negativi che ne portano alla realizzazione. Infatti, le dimissioni inattese sono un fenomeno negativo che crea un circolo vizioso e pericoloso di malessere lavorativo. Peggiore è la condizione di un sanitario, prima questo si dimetterà lasciando il peso della sua assenza – che il sistema sostituirà lentamente e difficilmente – sui colleghi rimamanenti che saranno così soggetti a carichi sempre maggiori e a disagio crescente.
In questo senso, il ruolo del management deve essere orientato, non solo alla produttività, ma alla gestione delle risorse umane attraverso politiche orientate, da una parte al bene del paziente, ma dall’altra anche al bene dei sanitari. Modelli organizzativi supportivi di riadattamento delle responsabilità e dei ritmi di lavoro, così come l’introduzione di nuove tecnologie che sgravano il lavoro di cura, dovrebbero prevedere la continua analisi dei gruppi di lavoro così da trovare soluzioni tempestive che mettano in circolo processi di supporto positivi.
Nuovi modelli organizzativi
A partire dalla diffusione di una cultura manageriale, è importante che nonostante la burocrazia professioanle che caratterizza le organizzazioni sanitarie, si traghetti la sanità verso nuovi modelli organizzativi che sappiano fronteggiare i nuovi bisogni di salute.
I modelli ospedaliero centrici non sembrano in questo essere più adatti a far fronte ai cambiamenti socio-demografici che vedono nella cronicità la nuova frontiera di bisogno sanitario da trattare in un contesto di territorialità come previsto dal Decreto Ministeriale 77/2022 recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale.
In questo senso è sempre più necessario pensare a forme di integrazione tra i classici pilastri dei sistemi sanitari, quali i medici e gli infermieri, con altre figure professionali come, ad esempio, fisioterapisti, tecnici della riabilitazione psichiatrica, psicologi ed assistenti sociali. Si parla in questo senso di skill mix, tecnicamente quell’aspetto di micro-organizzazione del lavoro che stimolando la multidisciplinarietà e la multiprofessionalità ripensa e ridefinisce gli spazi di autonomia e di intervento delle diverse professionalità non mediche. Da tempo sono proposte stimolanti prospettive nelle figure dell’Infermiere di famiglia e communità cui è seguita l’esperienza riconosciuta internazionalmente del Fisioterapista di famiglia e communità.
Altro tema utile per supportare con nuovi modelli organizzativi la carenza di personale sanitario è quello del già citato task shifting per cui – al di là di normative antiquate ed inutili lotte per la difesa di obsoleti principi di esclusività professionale – gli alti livelli di formazione raggiunti dal personale sanitario permetterebbero a figure sanitarie non mediche, tra tutti infermieri e fisioterapisti, di supportare i medici nella migliore presa in carico dei pazienti con competenze avanzate a loro affidate.
Infine, tra gli elementi a supporto di nuovi modelli organizzativi per fronteggiare la carenza di personale si annovera l’integrazione delle risorse tecnologiche e dell’intelligenza artificiale che non deve essere rivestita però di eccessive aspettative riconducibili al pro-innovation bias (e cioè nell’eccesso di fiducia nelle innovazioni). Infatti, nonostante l’attuale immaturità culturale e la carenza di evidenze scientifiche in merito, telemedicina, teleassistenza e teleriabilitazione sono strumenti su cui investire per supportare i futuri scenari sanitari.
Il ruolo del management
Nei paragrafi precedenti si è spesso fatto riferimento al ruolo cruciale del management per gestire il problema della carenza di personale sanitario sul lato offerta di salute tramite azioni di gestione dell’attrattività e del trattenimento del personale. Il ruolo del management è ancora più rilevante sul lato della crescente domanda sanitaria per cui la gestione può essere fatta solamente a livello manageriale tramite strumenti di allocazione delle risorse e di valutazione delle tecnologie sanitarie con l’HTA.
Per questo, professionisti con competenze professionali trasversali di tipo manageriale, ma con la conoscenza pratica e tecnica del particolare substrato dell’area della sanità sono più che mai necessari. Si parla in questo senso degli hybrid professionals (professionisti ibridi), quei sanitari con competenze manageriali che riescono a supportare i clinici all’interno di una visione di sistema consapevole delle peculiarità del mondo sanitario.
Infine, prendendo spunto dalle strutture aziendali tipiche, è chiaro come la gestione del personale delle organizzazioni sanitarie non possa essere in capo a strutture prettamente tecnico-amministrative deputate a redigere i contratti e a predisporre le buste paga, o di strutture cliniche meramente interessate ai processi sanitari, ma debba essere affrontata da personale ibrido preparato a garantire i servizi delle più avanzate strutture di risorse umane (in inglese le famose Human Resources, spesso “HR“). L’istituzione di dipartimenti dedicati alle risorse umane potrebbero supportare la valorizzazione delle competenze specialistiche del personale, trovare soluzioni ad hoc per i sanitari dipendenti in termini di mobilità tra un’azienda e l’altra, proporre politiche di welfare e premialità consone alle attuali dinamiche del mondo del lavoro.